from Blogeko.it
C’è una – una sola – buona notizia: da qualche giorno, nell’Artico è finalmente terminata la terrificante fusione estiva 2012 dei ghiacci: con l’autunno la banchisa torna ad ampliarsi. E’ la line azzurra più bassa nel grafico a fianco.
Le cattive notizie invece sono numerose. Riassumo in due parole: nessuno si aspettava una fusione così estesa, il precedente record minimo della banchisa stabilito nel 2007 (linea grigia del grafico) è stato polverizzato e prevedibilmente si innescheranno reazioni a catena che influenzeranno pesantemente il clima del pianeta e ancor più dell’emisfero Nord.
Possiamo aspettarci ondate più frequenti di gelo in inverno (paradossale ma vero e niente affatto sufficiente a controbilanciare la netta tendenza verso l’aumento delle temperature planetarie); possiamo aspettarci condizioni meteorologiche tendenzialmente più stagnanti per cui dove c’è sole continua a far sole, dove piove continua a piovere.
Dite che l’abbiamo già visto? Sì, in effetti anche negli ultimi anni i ghiacci estivi artici erano molto malmessi: ma ora si prospetta una accentuazione netta.
Le cattive notizie non sono finite. In poco più di trent’anni l’estensione estiva dei ghiacci artici è praticamente dimezzata e il loro spessore è nettamente diminuito, se andiamo avanti così verso il 2020 a Ferragosto si potrà fare il bagno al Polo Nord.
Quindi le conseguenze sul clima del declino della banchisa potranno ulteriormente e presto amplificarsi, cambiandoci la vita. Pensate all’agricoltura e al cibo prima di dire che basta attrezzarsi con i termosifoni o i condizionatori.
Grafici e disegni illustrano la situazione meglio delle parole; tutti i link come sempre sono in fondo.
La cartina qui accanto (così come il grafico in alto a sinistra) è stata elaborata dal Nsidc statunitense (National snow ice data center), e prende in considerazione la superficie di Mare Glaciale Artico con almeno il 15% di ghiaccio.
La linea color arancio evidenzia l’estensione minima estiva media nel periodo 1979-2000: quello compreso fra l’inizio delle misurazioni satellitari e l’inizio del sempre più rapido declino dei ghiacci. In questo senso il XXI secolo ha segnato davvero una svolta.
Il minimo 2012, registrato il 16 settembre (salvo ulteriori fusioni tardive!) era pari a 3,41 milioni di chilometri quadrati. Nel 1979-2000 il minimo estivo era in media pari a 6,7 milioni di chilometri quadrati.
Il bianco dei ghiacci riflette verso lo spazio il calore del sole; il colore scuro del mare lo assorbe. Già questo tratteggia un circolo vizioso, un ancor più marcato riscaldamento di questa nostra Terra. Ma non solo.
Con i ghiacci artici così ridotti, già negli ultimi anni (e adesso, poi!) è diventata più ampio il tratto di mare libero che in estate-autunno si intiepidisce al sole e, in seguito all’evaporazione, rilascia umidità nell’aria.
Sembra una cosa da niente, il realtà può destabilizzare la jet stream: una specie di nastro costante di vento ad alta quota che separa l’aria fredda attorno al Polo Nord dall’aria tiepida delle latitudini più meridionali.
La destabilizzazione, a sua volta, può dar luogo ad almeno due fenomeni. Il primo: aria molto fredda scende più a Sud durante l’inverno (le ondate di gelo che già abbiamo assaggiato negli ultimi anni ultimi anni e alla cui accentuazione accennavo prima); il secondo: persistenti “blocchi meteorologici”, condizioni meteo che si insediano e sembrano non voler finire mai: tipo il caldo dei mesi scorsi.
Queste anomalie mi fanno subito pensare ai raccolti, al cibo, alla fame: il 2012 si annuncia come un anno di carestia, non dimenticatelo.
Ma non è ancora tutto. Nessuno, dicevo prima, si aspettava un declino così rapido dei ghiacci artici.
L’immagine qui sotto (clic per ingrandire) viene da una pubblicazione scientifica del 2007, e mostra in nero la tendenza al declino dei ghiacci artici così come era ed è tuttora “vista” da vari modelli climatici che – diciamo – vanno per la maggiore e sui cui, più o meno direttamente, sono basati i programmi e gli studi sul clima che fanno capo alle Nazioni Unite.
La linea rossa invece mostra l’effettivo declino dei ghiacci artici registrato attraverso le misurazioni satellitari. Va da sè che il “popolo di internet” ha aggiornato con meticolosa precisione l’andamento della linea rossa dal 2007 (l’anno della pubblicazione) in poi.
Notare che quest’anno, nell’Artico, non ha neanche fatto tanto caldo: la fusione record si è probabilmente prodotta a causa del progressivo assottigliamento subito dai ghiacci.
Volete ancora un brividino freddo? Ho costruito l’immagine qui sotto attraverso il database di Chryosphere Today, che fa capo all’Università dell’Illinois e che – a differenza del Nsidc – dà conto dell’effettiva concentrazione dei ghiacci artici e di quanto essi sono mescolati all’acqua.
Mostra le condizioni del ghiaccio al 16 settembre del 2007 e del 2012, cioè al momento del minimo stagionale, giorno più giorno meno. Anche in questo caso, clic sull’immagine per accedere all’originale, che ho dovuto adattare ai miei vincoli grafici.
Visto che roba? La cartina considera solo il mare con almeno il 30% di ghiaccio (è quindi più restrittiva rispetto ai criteri del Nsidc che ho usato finora): al viola scuro corrisponde il 90-100% di ghiaccio, al rosso il 50-60%, al verde il 30%.
Nel 2007, se non altro, il ghiaccio superstite era quasi tutto bello compatto. Adesso è quasi tutto ridotto alle condizioni della materia prima utile per preparare una grattachecca.
E, l’avrete notato, anche se tengo moltissimo al destino di foche, trichechi ed orsi polari non ho dedicato a loro neanche una riga: la granita artica, date le sue conseguenze sul clima, è innanzitutto un problema per l’agricoltura, i raccolti e il genere umano.
Il comunicato stampa del Nidc i ghiacci artici hanno raggiunto il minimo stagionale
Un post di qualche giorno fa sul blog scientifico Arctic Sea Ice perchè i ghiacci artici non dovrebbero lasciare nessuno freddo, dedicato alle ripercussioni sul clima della straordinaria fusione 2012
Ancora da Arctic Sea Ice Blog i modelli stanno migliorando, ma potranno azzeccarci?, con il grafico modelli vs osservazioni e la spiegazione del modo in cui è stato costruito
Il database di Chryosphere Today con cui ho costruito l’ultima immagine
C’è una – una sola – buona notizia: da qualche giorno, nell’Artico è finalmente terminata la terrificante fusione estiva 2012 dei ghiacci: con l’autunno la banchisa torna ad ampliarsi. E’ la line azzurra più bassa nel grafico a fianco.
Le cattive notizie invece sono numerose. Riassumo in due parole: nessuno si aspettava una fusione così estesa, il precedente record minimo della banchisa stabilito nel 2007 (linea grigia del grafico) è stato polverizzato e prevedibilmente si innescheranno reazioni a catena che influenzeranno pesantemente il clima del pianeta e ancor più dell’emisfero Nord.
Possiamo aspettarci ondate più frequenti di gelo in inverno (paradossale ma vero e niente affatto sufficiente a controbilanciare la netta tendenza verso l’aumento delle temperature planetarie); possiamo aspettarci condizioni meteorologiche tendenzialmente più stagnanti per cui dove c’è sole continua a far sole, dove piove continua a piovere.
Dite che l’abbiamo già visto? Sì, in effetti anche negli ultimi anni i ghiacci estivi artici erano molto malmessi: ma ora si prospetta una accentuazione netta.
Le cattive notizie non sono finite. In poco più di trent’anni l’estensione estiva dei ghiacci artici è praticamente dimezzata e il loro spessore è nettamente diminuito, se andiamo avanti così verso il 2020 a Ferragosto si potrà fare il bagno al Polo Nord.
Quindi le conseguenze sul clima del declino della banchisa potranno ulteriormente e presto amplificarsi, cambiandoci la vita. Pensate all’agricoltura e al cibo prima di dire che basta attrezzarsi con i termosifoni o i condizionatori.
Grafici e disegni illustrano la situazione meglio delle parole; tutti i link come sempre sono in fondo.
La cartina qui accanto (così come il grafico in alto a sinistra) è stata elaborata dal Nsidc statunitense (National snow ice data center), e prende in considerazione la superficie di Mare Glaciale Artico con almeno il 15% di ghiaccio.
La linea color arancio evidenzia l’estensione minima estiva media nel periodo 1979-2000: quello compreso fra l’inizio delle misurazioni satellitari e l’inizio del sempre più rapido declino dei ghiacci. In questo senso il XXI secolo ha segnato davvero una svolta.
Il minimo 2012, registrato il 16 settembre (salvo ulteriori fusioni tardive!) era pari a 3,41 milioni di chilometri quadrati. Nel 1979-2000 il minimo estivo era in media pari a 6,7 milioni di chilometri quadrati.
Il bianco dei ghiacci riflette verso lo spazio il calore del sole; il colore scuro del mare lo assorbe. Già questo tratteggia un circolo vizioso, un ancor più marcato riscaldamento di questa nostra Terra. Ma non solo.
Con i ghiacci artici così ridotti, già negli ultimi anni (e adesso, poi!) è diventata più ampio il tratto di mare libero che in estate-autunno si intiepidisce al sole e, in seguito all’evaporazione, rilascia umidità nell’aria.
Sembra una cosa da niente, il realtà può destabilizzare la jet stream: una specie di nastro costante di vento ad alta quota che separa l’aria fredda attorno al Polo Nord dall’aria tiepida delle latitudini più meridionali.
La destabilizzazione, a sua volta, può dar luogo ad almeno due fenomeni. Il primo: aria molto fredda scende più a Sud durante l’inverno (le ondate di gelo che già abbiamo assaggiato negli ultimi anni ultimi anni e alla cui accentuazione accennavo prima); il secondo: persistenti “blocchi meteorologici”, condizioni meteo che si insediano e sembrano non voler finire mai: tipo il caldo dei mesi scorsi.
Queste anomalie mi fanno subito pensare ai raccolti, al cibo, alla fame: il 2012 si annuncia come un anno di carestia, non dimenticatelo.
Ma non è ancora tutto. Nessuno, dicevo prima, si aspettava un declino così rapido dei ghiacci artici.
L’immagine qui sotto (clic per ingrandire) viene da una pubblicazione scientifica del 2007, e mostra in nero la tendenza al declino dei ghiacci artici così come era ed è tuttora “vista” da vari modelli climatici che – diciamo – vanno per la maggiore e sui cui, più o meno direttamente, sono basati i programmi e gli studi sul clima che fanno capo alle Nazioni Unite.
La linea rossa invece mostra l’effettivo declino dei ghiacci artici registrato attraverso le misurazioni satellitari. Va da sè che il “popolo di internet” ha aggiornato con meticolosa precisione l’andamento della linea rossa dal 2007 (l’anno della pubblicazione) in poi.
Notare che quest’anno, nell’Artico, non ha neanche fatto tanto caldo: la fusione record si è probabilmente prodotta a causa del progressivo assottigliamento subito dai ghiacci.
Volete ancora un brividino freddo? Ho costruito l’immagine qui sotto attraverso il database di Chryosphere Today, che fa capo all’Università dell’Illinois e che – a differenza del Nsidc – dà conto dell’effettiva concentrazione dei ghiacci artici e di quanto essi sono mescolati all’acqua.
Mostra le condizioni del ghiaccio al 16 settembre del 2007 e del 2012, cioè al momento del minimo stagionale, giorno più giorno meno. Anche in questo caso, clic sull’immagine per accedere all’originale, che ho dovuto adattare ai miei vincoli grafici.
Visto che roba? La cartina considera solo il mare con almeno il 30% di ghiaccio (è quindi più restrittiva rispetto ai criteri del Nsidc che ho usato finora): al viola scuro corrisponde il 90-100% di ghiaccio, al rosso il 50-60%, al verde il 30%.
Nel 2007, se non altro, il ghiaccio superstite era quasi tutto bello compatto. Adesso è quasi tutto ridotto alle condizioni della materia prima utile per preparare una grattachecca.
E, l’avrete notato, anche se tengo moltissimo al destino di foche, trichechi ed orsi polari non ho dedicato a loro neanche una riga: la granita artica, date le sue conseguenze sul clima, è innanzitutto un problema per l’agricoltura, i raccolti e il genere umano.
Il comunicato stampa del Nidc i ghiacci artici hanno raggiunto il minimo stagionale
Un post di qualche giorno fa sul blog scientifico Arctic Sea Ice perchè i ghiacci artici non dovrebbero lasciare nessuno freddo, dedicato alle ripercussioni sul clima della straordinaria fusione 2012
Ancora da Arctic Sea Ice Blog i modelli stanno migliorando, ma potranno azzeccarci?, con il grafico modelli vs osservazioni e la spiegazione del modo in cui è stato costruito
Il database di Chryosphere Today con cui ho costruito l’ultima immagine
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