Quali sono gli hashtag più usati in Italia e perché i trending topic seguono altre regole

Twitter sta diventando un interessante territorio di analisi. Rispetto allo scorso anno la sua audience unica è aumentata del 111%. Ad aprile sono stati 3,6 milioni gli italiani che ci hanno dato almeno un’occhiata (Audiweb/Nielsen). Lo sdoganamento da parte dei VIP e dei mass media ha fatto si che alle discussioni e alle pratiche degli early adopter si aggiungessero anche quelle di nuovi utenti (la cosiddetta early majority).
TWITTER IN ITALIA
Uno studio che ho condotto su 31,5 milioni di tweet ha mostrato che il 23% dei cinguettii contiene un hashtag ossia il “cancelletto” seguito da una parola che serve a denotare l’argomento di discussione. Questi, sotto particolari condizioni, vengono scelti da un algoritmo ed evidenziati nella colonna di sinistra di Twitter, sotto l’etichetta “Trends” (inizialmente erano stati definiti Trending Topic).
 Cosa significa? Pochi lo sanno. Molti pensano che queste tendenze rappresentino gli hashtag più usati del giorno nel nostro paese.
In realtà si tratta dei termini (non solo quelli contenenti un # ma anche le parole contenute nel tweet o in un indirizzo Web) emergenti in un certo momento. In pratica sono “anomalie” rispetto al periodo immediatamente precedente, termini nuovi che, all’improvviso, vengono utilizzati molte volte, da tante persone e a distanza ravvicinata. Non basta che pochi utenti utilizzino una stessa parola a distanza di pochi minuti. Quella parola concorrerà per la visibilità con moltissime altre. L’algoritmo premia i termini usati da molte persone diverse e predilige la novità e la velocità d’uso più che i volumi (per approfondire vi consiglio di leggere questo paper scritto proprio dagli analisti del social network).
Insomma essere tra i trend non vuol dire, sic et simpliciter, aver ottenuto un’enorme quantità di citazioni. Basti pensare che i trend scelti da Twitter ogni giorno in Italia si aggirano tra i 60 e i 100. Ma quali di questi sia stato quello più usato in un lungo arco di tempo, il social network ce lo nasconde. Ce lo può dire solo un tool di data mining. Grazie a quello di Blogmeter ho rilevato che negli ultimi mesi (dal 4 aprile al 18 giugno) gli hashtag più ricorrenti sono raggruppabili in 4 categorie (nell’immagine solo quelli che hanno fatto registrare i maggiori picchi):
  • la condivisione e il commento ai fatti di cronaca: su tutti #terremoto (usato oltre 230mila volte) e poi #brindisi (utilizzato per riferirsi alla bomba più di 60mila volte), ma anche #euro2012, #bologna, #no2giugno, #calcio, #monti, #bossi;
  • le pratiche sociali come il “Follow Friday”, contraddistinto da #ff, col il quale le persone indicano ai propri follower gli utenti meritevoli d’attenzione (nelle 11 settimane di analisi è apparso oltre 180mila volte). Oppure #rt e #sapevatelo (utilizzati ognuno oltre 100mila volte), #lol, #fb;
  • la visione collettiva di una trasmissione televisiva. Gli hashtag più popolari sono stati quelli riferiti a due programmi Mediaset: #amici (con quasi 54mila citazioni) e #mistero (apparso 44mila volte). Seguiti da #serviziopubblico (usato quasi 30mila volte) e #piazzapulita (citato quasi 25mila volte, soprattutto in occasione dell’intervista al premier);
  • i luoghi: #roma (oltre 70mila volte), #milano (42mila), #italia.
i top hashtag in italia
Qualche mese fa Twitter ha messo a disposizione degli utenti l’area #Scopri (#Stories) che evidenzia le notizie più twittate, anche in questo caso, non da tutti gli utenti italiani, ma dalle sole persone che seguiamo. Inoltre da qualche giorno è stata introdotta, anche nel nostro paese, la possibilità di personalizzare i trend in base alla propria posizione geografica e rete sociale. Il lato negativo della personalizzazione è la perdita di informazioni più generali.
In definitiva le piattaforme social ci offriranno sempre più spesso storie che potrebbero interessarci sulla base degli interessi della nostra rete sociale, “nascondendoci” quello che accade a livello italiano. Si tratta di funzioni di indubbio valore a patto che se ne comprendano i meccanismi. Il rischio è di ritrovarci inconsapevolmente in una “filter bubble” (termine introdotto da Eli Pariser nell’omonimo libro) che ci restituisca l’immagine di una realtà parziale, a nostra immagine e somiglianza.
Roma, 25 giugno 2012

VINCENZO COSENZA

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