Impronta idrica del genere umano. L’acqua consumata per produrre cibo e merci

Impronta idrica del genere umano. L’acqua consumata per produrre cibo e merci:

L’acqua è essenziale per ogni cosa. Eppure il consumo di acqua è quello di cui ci accorgiamo di meno, e le notizie sull’insostenibilità dei consumi idrici sono ben lontane dal ricevere l’attenzione che meriterebbero. Adesso sul prestigioso Pnas (il bollettino dell’Accademia delle Scienze americana) gli studiosi hanno cercato – per la prima volta, credo – di calcolare l’impronta idrica del genere umano, ovvero l’acqua utilizzata non solo per bere e lavarsi ma anche per produrre il cibo e le merci che vengono consumate.


Danno così conto dell’acqua consumata dal genere umano, dell’acqua consumata da ogni Paese e del flusso di acqua contenuto nelle merci importate ed esportate.


Risultato. Ogni anno, fra il 1996–2005, abbiamo usato 9.087 Giga metri cubi d’acqua, ossia 9.087 miliardi di metri cubi d’acqua. Il 92% è servito per l’agricoltura: un dato da tener presente, normalmente si dice che l’agricoltura assorbe “solo” il 70-80% del consumo idrico globale.


E guardate il flusso dell’acqua importata ed esportata attraverso le merci che viaggiano per tutto il globo.


In verde i Paesi che esportano acqua, in giallo-rosso quelli che la importano. L’Italia è rossa. L’Europa in genere, pur disponendo di molta acqua, è giallo-rossa: importa acqua come il Nord Africa e il Medio Oriente, dove l’acqua è scarsa.



Nel periodo preso in esame dallo studio, il consumo medio pro capite di acqua è stato pari a 1.385 metri cubi all’anno, ovviamente con differenze notevoli da luogo a luogo: negli Stati Uniti il consumo è più che doppio, 2.842 metri cubi all’anno.


Non solo il consumo generico di acqua. Lo studio è andato oltre, e ha quantificato, Paese per Paese, il consumo di tre diversi tipi di acqua: l’acqua verde, ossia quella piovana. L’acqua grigia: quella inquinata. L’acqua blu: estratta dalle falde sotterranee.


La cosa a mio avviso più interessante dello studio – una miniera di dati, il link è in fondo: leggetelo! – è proprio l’acqua blu. Al contrario di quella verde, non è rinnovabile. O meglio: le falde si riempiono continuamente grazie all’acqua piovana che filtra dalla superficie. Però questo processo avviene ad un ritmo molto, molto più lento rispetto all’estrazione effettuata dall’uomo.


Le falde si svuotano. Prima o poi rimarranno a secco. In Yemen sta già avvenendo.


Dunque: a livello planetario, l’acqua verde – l’acqua rinnovabile – ammonta al 74% del consumo totale. L’acqua grigia è il 15% e l’acqua blu – l’acqua non rinnovabile – è l’11%. Ma anche a proposito del consumo di acqua blu ci sono notevolissime differenze fra i vari Paesi.


In genere, i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa sono quelli che più consumano acqua blu: in testa l’Iran, poi l’Egitto, la Libia e – ovviamente – altri paesi aridi. Ma con un’importante e preoccupante eccezione: alcuni Paesi dell’Europa mediterranea, compresa l’Italia.


L’Italia del Po e dei ghiacciai alpini è al 23° posto nella classifica mondiale della dipendenza dall’acqua blu, dall’acqua non rinnovabile. Una situazione non molto dissimile dal quella del Marocco o del Sudan.


Su Pnas l’impronta idrica del genere umano


I dati relativi al consumo di acqua blu sono nell’allegato con le varie tavole


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