il parere di David MacKay un fisico dell’Università di Cambridge,pubblicato su Saturno nella giornata di venerdì scorso sul Fatto quotidiano.
È immaginabile un futuro prossimo senza combustibili fossili?
Può una nazione avanzata utilizzare solo energie rinnovabili?
Molti scienziati predicano la necessità di ridurre l’uso dei combustibili fossili per ridurre le emissioni di CO2. E se questo non bastasse c’è chi pensa che il picco del petrolio sia ormai dietro l’angolo. E se anche non lo fosse condizioni economiche e geopolitiche potrebbero rendere questo combustibile molto costoso.
Insomma, è il caso di porsi seriamente queste domande.
Prima o poi il petrolio finirà, ma sole e vento ci saranno ancora, per cui è opportuno investire in questa direzione.
Spesso però ci si focalizza troppo sulla fattibilità economica dei vari metodi di produzione di energia mancando completamente il quadro generale.
Si discute se l’eolico sia più o meno costoso del nucleare, ma si dimentica di chiedersi quanto vento c’è per far girare le pale e quanto uranio è rimasto sulla terra. Lasciamo quindi da parte per un attimo le considerazioni economiche: il costo di produzione di un kWh (kilowattora) varia a seconda del luogo, della legislazione, del mercato, della maturità di una tecnologia e così via.
Dobbiamo invece porci una domanda più fondamentale: le limitazioni intrinseche (per esempio le leggi fisiche, o la superficie disponibile in un paese) quali restrizioni impongono ai vari modi di produrre energia? In altre parole, anche ammettendo che produrre un kWh di energia eolica o solare sia gratis, quanta energia al massimo possiamo sperare di produrre?
Il progresso tecnologico può rendere competitiva una fonte energetica, ma non può cambiare le leggi di natura: anche aumentando l’efficienza odierna dei pannelli solari non si può aumentare la quantità di energia solare che cade su un metro quadro. La turbina eolica più efficiente dipende comunque dalla velocità e dalla disponibilità del vento, e così via.
David MacKay è un fisico dell’Università di Cambridge. Irritato dalla vaghezza numerica che spesso contraddistingue le discussioni pubbliche sull’energia, MacKay si è seduto al tavolino e, armato delle leggi della fisica, ha stimato il potenziale teorico di tutte le principali fonti rinnovabili. Raramente discorsi quantitativi e ricchi di numeri arrivano sui media, che spesso danno più risalto a intellettuali e filosofi come Serge Latouche, il teorico della “decrescita” (Come si esce dalla società dei consumi, Bollati Boringhieri). Discutendo di energia e di consumi è invece necessario partire dai numeri e dai dati accertati.
MacKay per parlare di produzione o consumi energetici usa un’unica unità di potenza “a misura d’uomo”: il kilowattora per giorno per persona (kWh/d per persona).
Il cittadino europeo medio consuma 125 kWh/d. È come se ognuno di noi tenesse accese 125 lampadine per 24 ore al giorno. L’americano medio ne consuma il doppio mentre il consumo energetico medio di un essere umano sulla terra è di 56 kWh/d.
Le fonti rinnovabili hanno solitamente una bassa densità per area. Hanno cioè bisogno di grandi superfici per poter ricavare grandi quantità di energia. MacKay analizza il fotovoltaico, i biocarburanti, le maree, il solare Italia avremmo un gran bisogno di un approccio così. C’è qualche fisico che voglia adattare il libro di MacKay alla situazione italiana?
I parchi eolici in zone ventose per esempio producono 2 watt per metro quadro. MacKay calcola che se, realisticamente, si coprisse anche il 10% della superficie britannica, l’eolico non fornirebbe più di un sesto del consumo energetico medio attuale. Con il fotovoltaico non siamo messi meglio: riempire i tetti delle abitazioni di pannelli può certo fornire una percentuale importante del proprio consumo personale di energia elettrica, ma per incidere sul consumo energetico totale è necessario un utilizzo su larga scala di campi solari.
Implacabili, i numeri mostrano come al livello attuale di consumi anche sommando eolico, solare, biocarburanti, idroelettrico e altre fonti rinnovabili non è possibile purtroppo sostituire i combustibili fossili. E che in ogni tipo di opzione le rinnovabili debbano occupare una frazione significativa della superficie di un paese come la gran Bretagna. E questo senza neppure considerare i costi economici.
Le alternative, puramente numeriche, sono quelle di ridurre notevolmente i consumi oppure di utilizzare fonti energetiche con una alta densità di energia per metro quadro, come le centrali nucleari.
MacKay non si limita a sfatare alcuni miti ma offre anche possibili soluzioni.
Una soluzione, ovvia, è quella di ridurre i consumi poiché è più facile risparmiare un kWh che generarne uno. Prendendo però di mira i settori che più contribuiscono e non perdendosi in mille rivoli inconcludenti.
Riscaldamento e trasporti consumano la maggior parte dell’energia.
L’elettrificazione di tutti i trasporti ridurrebbe le emissioni di CO2 aumentando l’efficienza. Le auto elettriche moderne consumano 15 kWh per 100 km, mentre le auto a benzina dai 70 ai 90 kWh. Un treno ad alta velocità invece è efficientissimo: consuma 3 kWh per passeggero, “solo” il triplo di una bicicletta con il suo singolo kilowattora.
Per il riscaldamento degli edifici, a supplemento del solare termico, MacKay suggerisce un uso massiccio delle pompe di calore, anche queste funzionanti a elettricità, oltre alle misure per ridurre la dispersione termica. MacKay non propende per nessuna tecnologia in particolare, ma sostiene che, con i numeri sul tavolo, ogni paese deve disegnare un piano energetico che copra totalmente i bisogni. A chi lo accusa di essere pro-nucleare lui risponde che è solo pro-aritmetica, e che i numeri parlano da soli.
Le sue stime possono essere rese più precise, ma il vero valore di questo approccio è nel mostrare un metodo per le discussioni pubbliche sulle scelte energetiche. «Numeri, non aggettivi», dice MacKay. «Qualsiasi discussione sensata sull’energia richiede dei numeri»
Essendo contrario all'energia nucleare,poichè oltre che essere pericolosa come è stato dimostrato nella catastrofe giapponese di questi giorni,non siamo un paese capace di organizzare una tecnologia del genere,sia per la gestione diretta delle centrali che nella conservazione delle scorie radioattive per millenni,
Sapendo però a priori che il nostro sistema di vita,economico-lavorativo dovrà gioco forza mutare nettamente,essendo il nucleare pericolosissimo,le energie rinnovabili non potranno assistere l'economia com'è impostata ora,e in ultima analisi le energie fossili oltre essere dannose per l'ecosistema,stanno per finire e costeranno sempre di più.
Stiamo vivendo il crocevia della nostra esistenza,più che altro per le generazioni a venire,a noi le pesanti decisioni!
È immaginabile un futuro prossimo senza combustibili fossili?
Può una nazione avanzata utilizzare solo energie rinnovabili?
Molti scienziati predicano la necessità di ridurre l’uso dei combustibili fossili per ridurre le emissioni di CO2. E se questo non bastasse c’è chi pensa che il picco del petrolio sia ormai dietro l’angolo. E se anche non lo fosse condizioni economiche e geopolitiche potrebbero rendere questo combustibile molto costoso.
Insomma, è il caso di porsi seriamente queste domande.
Prima o poi il petrolio finirà, ma sole e vento ci saranno ancora, per cui è opportuno investire in questa direzione.
Spesso però ci si focalizza troppo sulla fattibilità economica dei vari metodi di produzione di energia mancando completamente il quadro generale.
Si discute se l’eolico sia più o meno costoso del nucleare, ma si dimentica di chiedersi quanto vento c’è per far girare le pale e quanto uranio è rimasto sulla terra. Lasciamo quindi da parte per un attimo le considerazioni economiche: il costo di produzione di un kWh (kilowattora) varia a seconda del luogo, della legislazione, del mercato, della maturità di una tecnologia e così via.
Dobbiamo invece porci una domanda più fondamentale: le limitazioni intrinseche (per esempio le leggi fisiche, o la superficie disponibile in un paese) quali restrizioni impongono ai vari modi di produrre energia? In altre parole, anche ammettendo che produrre un kWh di energia eolica o solare sia gratis, quanta energia al massimo possiamo sperare di produrre?
Il progresso tecnologico può rendere competitiva una fonte energetica, ma non può cambiare le leggi di natura: anche aumentando l’efficienza odierna dei pannelli solari non si può aumentare la quantità di energia solare che cade su un metro quadro. La turbina eolica più efficiente dipende comunque dalla velocità e dalla disponibilità del vento, e così via.
David MacKay è un fisico dell’Università di Cambridge. Irritato dalla vaghezza numerica che spesso contraddistingue le discussioni pubbliche sull’energia, MacKay si è seduto al tavolino e, armato delle leggi della fisica, ha stimato il potenziale teorico di tutte le principali fonti rinnovabili. Raramente discorsi quantitativi e ricchi di numeri arrivano sui media, che spesso danno più risalto a intellettuali e filosofi come Serge Latouche, il teorico della “decrescita” (Come si esce dalla società dei consumi, Bollati Boringhieri). Discutendo di energia e di consumi è invece necessario partire dai numeri e dai dati accertati.
MacKay per parlare di produzione o consumi energetici usa un’unica unità di potenza “a misura d’uomo”: il kilowattora per giorno per persona (kWh/d per persona).
Il cittadino europeo medio consuma 125 kWh/d. È come se ognuno di noi tenesse accese 125 lampadine per 24 ore al giorno. L’americano medio ne consuma il doppio mentre il consumo energetico medio di un essere umano sulla terra è di 56 kWh/d.
Le fonti rinnovabili hanno solitamente una bassa densità per area. Hanno cioè bisogno di grandi superfici per poter ricavare grandi quantità di energia. MacKay analizza il fotovoltaico, i biocarburanti, le maree, il solare Italia avremmo un gran bisogno di un approccio così. C’è qualche fisico che voglia adattare il libro di MacKay alla situazione italiana?
I parchi eolici in zone ventose per esempio producono 2 watt per metro quadro. MacKay calcola che se, realisticamente, si coprisse anche il 10% della superficie britannica, l’eolico non fornirebbe più di un sesto del consumo energetico medio attuale. Con il fotovoltaico non siamo messi meglio: riempire i tetti delle abitazioni di pannelli può certo fornire una percentuale importante del proprio consumo personale di energia elettrica, ma per incidere sul consumo energetico totale è necessario un utilizzo su larga scala di campi solari.
Implacabili, i numeri mostrano come al livello attuale di consumi anche sommando eolico, solare, biocarburanti, idroelettrico e altre fonti rinnovabili non è possibile purtroppo sostituire i combustibili fossili. E che in ogni tipo di opzione le rinnovabili debbano occupare una frazione significativa della superficie di un paese come la gran Bretagna. E questo senza neppure considerare i costi economici.
Le alternative, puramente numeriche, sono quelle di ridurre notevolmente i consumi oppure di utilizzare fonti energetiche con una alta densità di energia per metro quadro, come le centrali nucleari.
MacKay non si limita a sfatare alcuni miti ma offre anche possibili soluzioni.
Una soluzione, ovvia, è quella di ridurre i consumi poiché è più facile risparmiare un kWh che generarne uno. Prendendo però di mira i settori che più contribuiscono e non perdendosi in mille rivoli inconcludenti.
Riscaldamento e trasporti consumano la maggior parte dell’energia.
L’elettrificazione di tutti i trasporti ridurrebbe le emissioni di CO2 aumentando l’efficienza. Le auto elettriche moderne consumano 15 kWh per 100 km, mentre le auto a benzina dai 70 ai 90 kWh. Un treno ad alta velocità invece è efficientissimo: consuma 3 kWh per passeggero, “solo” il triplo di una bicicletta con il suo singolo kilowattora.
Per il riscaldamento degli edifici, a supplemento del solare termico, MacKay suggerisce un uso massiccio delle pompe di calore, anche queste funzionanti a elettricità, oltre alle misure per ridurre la dispersione termica. MacKay non propende per nessuna tecnologia in particolare, ma sostiene che, con i numeri sul tavolo, ogni paese deve disegnare un piano energetico che copra totalmente i bisogni. A chi lo accusa di essere pro-nucleare lui risponde che è solo pro-aritmetica, e che i numeri parlano da soli.
Le sue stime possono essere rese più precise, ma il vero valore di questo approccio è nel mostrare un metodo per le discussioni pubbliche sulle scelte energetiche. «Numeri, non aggettivi», dice MacKay. «Qualsiasi discussione sensata sull’energia richiede dei numeri»
Essendo contrario all'energia nucleare,poichè oltre che essere pericolosa come è stato dimostrato nella catastrofe giapponese di questi giorni,non siamo un paese capace di organizzare una tecnologia del genere,sia per la gestione diretta delle centrali che nella conservazione delle scorie radioattive per millenni,
Sapendo però a priori che il nostro sistema di vita,economico-lavorativo dovrà gioco forza mutare nettamente,essendo il nucleare pericolosissimo,le energie rinnovabili non potranno assistere l'economia com'è impostata ora,e in ultima analisi le energie fossili oltre essere dannose per l'ecosistema,stanno per finire e costeranno sempre di più.
Stiamo vivendo il crocevia della nostra esistenza,più che altro per le generazioni a venire,a noi le pesanti decisioni!
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