Se l'Italia fosse fibra e fosse wireless : WiFi, WiMax, 3G, fibra ottica

sono almeno quattro i fronti di sviluppo possibili per le
telecomunicazioni, ma non è detto che insieme possano garantire lo
sviluppo delle reti, anzi, qualcosa potrebbe, e forse dovrebbe,
perdersi per strada. Puntare su una singola risorsa avrebbe
il vantaggio di far convergere gli investimenti, ma non è detto che la
soluzione passi soltanto per la connettività senza fili o la fibra.

Se
diversi tipi di clienti e diverse aree del paese potrebbero avere
diverse esigenze, quel che è ormai condiviso da più parti è che
nell'attuale quadro economico sia impossibile pensare ancora ad una
concorrenza infrastrutturale sul mercato: "Avrebbe senso, per esempio,
che anche in aree ad alta densità come Milano ci siano due reti in
fibra ottica concorrenti? - si domanda il professor Alfonso Fuggetta, CEO del CEFRIEL - Ha senso duplicare gli investimenti per una stessa tecnologia sullo stesso territorio?".

Forse è giunto il momento che il mercato cambi,
per fare spazio a quello che da più parti è auspicato come "un nuovo
monopolio". Detta così potrebbe suonare male, ma la realtà è che
probabilmente una concorrenza infrastrutturale sul mercato italiano è
diventata impossibile: "Il modello di competizione attuale ha condotto
alla situazione attuale - chiarisce a Punto Informatico Stefano Quintarelli, imprenditore e celebre esperto telco - Divora troppe risorse per il reale mercato disponibile".

"La
rete fissa sta subendo una sorta di malattia degenerativa - continua
Quintarelli - Comincia a morire l'ultimo pezzo, le linee fisse vengono
disdette e mancano i ricavi: per ogni abbonato perso Telecom perde il
doppio, perché oltre al guadagno che scompare deve anche continuare a
provvedere alla manutenzione della rete".

La marcia trionfale della telefonia mobile, unita a tutta la tecnologia introdotta nel campo delle telecomunicazioni negli ultimi anni, genera una emorragia
quasi inarrestabile: "Lo stesso discorso vale per il VoIP - spiega
Quintarelli - Tutto quello che porta valore verso il cliente è un sorta
di problema; la tecnologia in generale tende a trasferire valore
all'utente al di fuori del perimetro dell'operatore, mentre a
quest'ultimo restano i costi".

Sono diverse le soluzioni per
questo problema che si profilano all'orizzonte: è indubbio che
all'incumbent, o a chiunque gestisca le reti, andranno trasferiti in
qualche modo una parte dei ricavi dei servizi per garantire la manutenzione. Fuggetta,
tuttavia, mette in guardia dalla soluzione più ovvia, sovvenzionare
l'operatore che gestisce la maggior parte della rete: "Il metodo
tedesco non può funzionare, gli incentivi ad un unico operatore
sarebbero una distorsione: la rete deve diventare una struttura aperta,
e lo stato deve intervenire nella maniera più appropriata per garantire
la corretta competizione sul mercato".

Dello stesso parere anche Quintarelli, che parla di "rete come ambiente
comune" e di "concorrenza sui servizi". "Tutti gli operatori devono
concorrere ai costi di ammodernamento per la costruzione della rete di
domani" prosegue, perché il punto, inutile negarlo, è proprio questo:
"Il tempo di realizzazione di certe infrastrutture (come le reti in
fibra ottica, ndr) è lungo, mentre la domanda è istantanea: ai clienti
interessa che la telefonia costi poco oggi, ma se tra dieci anni
l'Italia vuole sopravvivere bisogna che si doti di collegamenti dati
adeguati".

Quintarelli non esita a definire la fibra un "fattore
abilitante di crescita economica". Per l'imprenditore, dotarsi di
questo tipo di tecnologia è un fatto di "interesse pubblico e
politico", poiché occorre "pianificare lo sviluppo di questo tipo di
infrastrutture". Nella situazione attuale nessuno potrà o vorrà farsi
carico dell'ammodernamento, poiché sarebbe difficile se non impossibile
ottenere una remunerazione adeguata a coprire le spese sostenute.

Per
Fuggetta lo scorporo della rete e la separazione tra trasporto IP e
servizi sono divenuti "ineludibili". Quintarelli, da parte sua,
ribadisce: "Bisogna separare la rete dai servizi, costruire cioè un
terreno comune sul quale giocare secondo le regole della concorrenza".
Lo stesso presidente dell'Authority TLC si è espresso in questo senso, e l'amministratore delegato di Telecom Italia, Franco Bernabè, aveva accennato a questa possibilità: i tempi potrebbero dunque essere maturi per questo passo.

Certo, chi debba gestire questa rete
resta un nodo da sciogliere: difficile pensare ad uno stato che entra
di nuovo in gioco, se non per investire in specifiche aree e garantire
l'ammodernamento. Ma una volta compiuto questo passo, forse sarebbe più
opportuno lasciare spazio al mercato, e permettere a società private di
rilevare l'infrastruttura e renderla una fonte di profitto attraverso
la vendita agli operatori: "Il pubblico non deve diventare un gestore -
chiarisce Fuggetta a Punto Informatico - deve favorire la nascita e la crescita delle infrastrutture e garantire l'accesso alle stesse".

Un altro punto cruciale sarà decidere quali siano le infrastrutture su cui investire. Se è nota la posizione di Quintarelli in favore della fibra, lo è altrettanto quella di Fuggetta sulle reti wireless:
"Sono rimasto stupito da quanto accaduto nell'ultimo anno. Come molti
altri pensavo che il WiFi avrebbe messo in crisi la tecnologia
telefonica: credevo che l'UMTS non avesse le capacità trasmissive per
competere con il WiFi, ma quello che è successo è che in un anno si è
passati dai 300Kb ai 40Mb del HSPA, con una capillarità di diffusione
impensabile per le reti wireless".

E il WiMax? Dipenderà
probabilmente dal tipo di richiesta dell'utenza e dalle caratteristiche
del territorio. "In futuro probabilmente non ci sarà una sola
tecnologia - chiarisce il CEO del CEFRIEL - ci sarà competizione tra
diverse offerte per la clientela residenziale e quella nomadica: si
tratterà di mercati paralleli convergenti". Vale a dire che chi a casa
usa la fibra, quando è in movimento potrebbe desiderare qualche altro
tipo di connettività. Quel che è certo è che occorra valutare con attenzione le scelte di investimento:
"Chi dice che il WiFi oggi sia la scelta giusta? Il 3G è più diffuso
del WiFi, che senso ha costruire una nuova rete? Lo stato dovrebbe
intervenire per aiutare chi non riesce ad accedere a queste reti,
stimolare la domanda".

Dove massimizzare gli investimenti, dunque? Quintarelli indica la fibra, una scelta che garantirebbe sia l'ammodernamento che l'affidabilità
della rete, nel presente e in prospettiva. Concorda Fuggetta, ma ci
tiene a precisare: "C'è bisogno di una strategia complessiva di sistema paese:
tutte le altre nazioni ne hanno una, ed è indubbio che si debba puntare
ad un impegno complessivo dell'intero assetto produttivo per evitare di
cadere in errori che possano condurre a situazioni fortemente negative".

di Luca Annunziata - Punto Informatico

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