“È stata una lezione di umiltà”: questo il commento di Emile Okal, geofisico alla Northwestern University, Illinois ed esperto in terremoti e tsunami. In effetti, i geologi non se lo aspettavano un terremoto così potente da quelle parti. Bisogna ovviamente intendersi sul termine “potente”: per gli standard giapponesi, terremoti fino al grado 8 della scala Richter (e si parla di un evento con un’energia 2000 volte superiore a quello che ha colpito l’Aquila) sono da considerarsi normali.
Ben altra cosa è un terremoto di grado 9, come quello che ha colpito il Giappone in questi giorni, o quello che ha causato lo tsunami del 2004. Un terremoto del genere ha un’energia quasi 32 volte superiore a quella di un terremoto di grado 8. E come riporta oggi Nature in un breve articolo, quella zona del Giappone non doveva, in teoria, tremare così forte.
Finora i geologi avevano correlato i terremoti così potenti al moto delle placche oceaniche più giovani. La crosta oceanica giovane è infatti la parte più sottile della crosta terrestre, la “buccia” rocciosa che ricopre il nostro pianeta. In regioni ad alto rischio sismico come il Giappone, la crosta oceanica che ricopre il fondale del Pacifico scivola lentissimamente sotto la crosta meno densa del continente asiatico, di cui il Giappone è l’ultima propaggine. La crosta oceanica giovane, essendo sottile, è leggera e tende a galleggiare meglio sul mantello di lava sottostante; fa dunque più fatica a scivolare sotto alla crosta confinante. E nello sforzo di scivolare comunque giù, spinta inesorabilmente, l’energia viene rilasciata in terremoti estremamente potenti.
Ma la crosta dalle parti di Sendai è antica, molto antica: quasi 140 milioni di anni. Una crosta così antica è anche spessa e molto densa, e dovrebbe quindi affondare più facilmente e scivolare senza troppi scossoni. I dati sismologici sembravano confermare questa ipotesi (fino alla triste, recente confutazione): qualche terremoto di grado 8, ma nulla di più.
Col senno di poi, qualche dubbio c’era. Dati recenti mostravano una situazione più complessa: la zona intorno a Sendai era distorta, come se il fondale del Pacifico fosse bloccato e, invece di scivolare giù, premesse contro il Giappone stringendolo “come in una morsa”, secondo Nature. Inquietantemente, alcuni scienziati pensano che l’energia immagazzinata in quella zona sia immensa, a tal punto che il recente cataclisma potrebbe non essere bastato affatto a rilassare la situazione. Il mistero anzi, secondo alcuni, è che una tensione così grande non provochi un numero maggiore di terremoti: “Nonostante il sisma di grado 9, quella zona è ancora misteriosa” dice Thomas Heaton, geofisico al California Institute of Technology.
Quanto agli tsunami, l’unico comparabile noto in tempi storici in quella regione è un evento nell’869 d.C., noto come il “terremoto dell’era Jogan” dai giapponesi. Una coincidenza? Nature rispolvera uno studio del 2001 di Koji Minoura e colleghi, all’Università di Tohoku, a Sendai, che non solo dimostrava che lo tsunami dell’869 “era molto più forte di quelli generati da terremoti normali” per la zona (l’ondata arrivò fino a 4 km oltre la costa, e la magnitudine stimata era 8.3) ma ha trovato anche, nel terreno, che strati di sabbia scaraventata dal mare nell’entroterra per chilometri – l’impronta digitale geologica di uno tsunami – si alternano regolarmente: una gigantesca ondata intorno all’anno Zero, e un’altra dal 670 al 970 avanti Cristo. Un ciclo quasi regolare, di 800-1100 anni (intendiamoci: non certo il tipo di regolarità che possa servire a decisioni pratiche di emergenza). Nelle parole di Minoura e colleghi:
“Più di 1100 anni sono passati dallo tsunami dell’era Jogan e, dato l’intervallo di ricorrenza degli eventi, è elevata la possibilità di un vasto tsunami che colpisca la pianura di Sendai. Le nostre simulazioni al calcolatore indicano che uno tsunami simile a quello dell’869 inonderebbe la pianura attuale fino a 2.5 – 3 km nell’entroterra”
Lo studio era stato ulteriormente corroborato da un’altra ricerca del 2007 da parte di un altro team giapponese :
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The 869 Jogan earthquake, off Miyagi, produced unusually large tsunamis, according to a historical document and tsunami deposits. One of the oldest official documents in Japan reported that about 1,000 people were drowned from the tsunami in Sendai plain, indicating much larger tsunami than the 1896 Sanriku tsunami (the worst tsunami disaster in Japan caused by a tsunami earthquakes) or the 1933 Sanriku tsunami (caused by the outer-rise normal fault event). Our systematic field surveys revealed the distribution of tsunami deposits in Sendai and Ishinomaki plains. In both plains, the 869 tsunami deposits are identified as sand layers just below the regional tephra (To-A from Towada volcano in AD 915). In Sendai plain, the tsunami deposits extend about 1 to 3 km from the coast line at that time, which is estimated as about 1 km inland of the present coast. In Ishinomaki plain, the tsunami deposits extend > 3 km from the estimated coast line, which is about 1-1.5 km inland of the present coast. Multiple sand layers indicate recurrence of such unusual tsunamis with approximately 1,000 yr interval. We computed tsunami inundation in both plains from several types of tsunami source models such as outer-rise normal fault, tsunami earthquakes (narrow fault near trench axis), interplate earthquakes with fault widths of 50 and 100 km. Comparison of the computed inundation area with the distribution of tsunami deposits indicates that only an interplate earthquake source with 100 km width (depth range of 20 to 50 km) can reproduce the observed distribution of tsunami deposits in both Sendai and Ishinomaki plains. This source (Mw=8.1 to 8.3) is much larger than the anticipated Miyagi-oki earthquake (M~~7.5) with 99% probability in the next 30 years.
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Ironia amara della sorte, all’articolo di Minoura e colleghi del 2001 si può accedere tuttora solo dalla cache di Google. La versione originale, ospitata su server giapponesi, è invece accessibile a singhiozzo – un laconico e cortese messaggio ci informa che i server sono spenti per i blackout causati dallo tsunami. Quello che avevano in qualche modo previsto.
(Fonte : di Massimo Sandal )
Ben altra cosa è un terremoto di grado 9, come quello che ha colpito il Giappone in questi giorni, o quello che ha causato lo tsunami del 2004. Un terremoto del genere ha un’energia quasi 32 volte superiore a quella di un terremoto di grado 8. E come riporta oggi Nature in un breve articolo, quella zona del Giappone non doveva, in teoria, tremare così forte.
Finora i geologi avevano correlato i terremoti così potenti al moto delle placche oceaniche più giovani. La crosta oceanica giovane è infatti la parte più sottile della crosta terrestre, la “buccia” rocciosa che ricopre il nostro pianeta. In regioni ad alto rischio sismico come il Giappone, la crosta oceanica che ricopre il fondale del Pacifico scivola lentissimamente sotto la crosta meno densa del continente asiatico, di cui il Giappone è l’ultima propaggine. La crosta oceanica giovane, essendo sottile, è leggera e tende a galleggiare meglio sul mantello di lava sottostante; fa dunque più fatica a scivolare sotto alla crosta confinante. E nello sforzo di scivolare comunque giù, spinta inesorabilmente, l’energia viene rilasciata in terremoti estremamente potenti.
Ma la crosta dalle parti di Sendai è antica, molto antica: quasi 140 milioni di anni. Una crosta così antica è anche spessa e molto densa, e dovrebbe quindi affondare più facilmente e scivolare senza troppi scossoni. I dati sismologici sembravano confermare questa ipotesi (fino alla triste, recente confutazione): qualche terremoto di grado 8, ma nulla di più.
Col senno di poi, qualche dubbio c’era. Dati recenti mostravano una situazione più complessa: la zona intorno a Sendai era distorta, come se il fondale del Pacifico fosse bloccato e, invece di scivolare giù, premesse contro il Giappone stringendolo “come in una morsa”, secondo Nature. Inquietantemente, alcuni scienziati pensano che l’energia immagazzinata in quella zona sia immensa, a tal punto che il recente cataclisma potrebbe non essere bastato affatto a rilassare la situazione. Il mistero anzi, secondo alcuni, è che una tensione così grande non provochi un numero maggiore di terremoti: “Nonostante il sisma di grado 9, quella zona è ancora misteriosa” dice Thomas Heaton, geofisico al California Institute of Technology.
Quanto agli tsunami, l’unico comparabile noto in tempi storici in quella regione è un evento nell’869 d.C., noto come il “terremoto dell’era Jogan” dai giapponesi. Una coincidenza? Nature rispolvera uno studio del 2001 di Koji Minoura e colleghi, all’Università di Tohoku, a Sendai, che non solo dimostrava che lo tsunami dell’869 “era molto più forte di quelli generati da terremoti normali” per la zona (l’ondata arrivò fino a 4 km oltre la costa, e la magnitudine stimata era 8.3) ma ha trovato anche, nel terreno, che strati di sabbia scaraventata dal mare nell’entroterra per chilometri – l’impronta digitale geologica di uno tsunami – si alternano regolarmente: una gigantesca ondata intorno all’anno Zero, e un’altra dal 670 al 970 avanti Cristo. Un ciclo quasi regolare, di 800-1100 anni (intendiamoci: non certo il tipo di regolarità che possa servire a decisioni pratiche di emergenza). Nelle parole di Minoura e colleghi:
“Più di 1100 anni sono passati dallo tsunami dell’era Jogan e, dato l’intervallo di ricorrenza degli eventi, è elevata la possibilità di un vasto tsunami che colpisca la pianura di Sendai. Le nostre simulazioni al calcolatore indicano che uno tsunami simile a quello dell’869 inonderebbe la pianura attuale fino a 2.5 – 3 km nell’entroterra”
Lo studio era stato ulteriormente corroborato da un’altra ricerca del 2007 da parte di un altro team giapponese :
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The 869 Jogan earthquake, off Miyagi, produced unusually large tsunamis, according to a historical document and tsunami deposits. One of the oldest official documents in Japan reported that about 1,000 people were drowned from the tsunami in Sendai plain, indicating much larger tsunami than the 1896 Sanriku tsunami (the worst tsunami disaster in Japan caused by a tsunami earthquakes) or the 1933 Sanriku tsunami (caused by the outer-rise normal fault event). Our systematic field surveys revealed the distribution of tsunami deposits in Sendai and Ishinomaki plains. In both plains, the 869 tsunami deposits are identified as sand layers just below the regional tephra (To-A from Towada volcano in AD 915). In Sendai plain, the tsunami deposits extend about 1 to 3 km from the coast line at that time, which is estimated as about 1 km inland of the present coast. In Ishinomaki plain, the tsunami deposits extend > 3 km from the estimated coast line, which is about 1-1.5 km inland of the present coast. Multiple sand layers indicate recurrence of such unusual tsunamis with approximately 1,000 yr interval. We computed tsunami inundation in both plains from several types of tsunami source models such as outer-rise normal fault, tsunami earthquakes (narrow fault near trench axis), interplate earthquakes with fault widths of 50 and 100 km. Comparison of the computed inundation area with the distribution of tsunami deposits indicates that only an interplate earthquake source with 100 km width (depth range of 20 to 50 km) can reproduce the observed distribution of tsunami deposits in both Sendai and Ishinomaki plains. This source (Mw=8.1 to 8.3) is much larger than the anticipated Miyagi-oki earthquake (M~~7.5) with 99% probability in the next 30 years.
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Ironia amara della sorte, all’articolo di Minoura e colleghi del 2001 si può accedere tuttora solo dalla cache di Google. La versione originale, ospitata su server giapponesi, è invece accessibile a singhiozzo – un laconico e cortese messaggio ci informa che i server sono spenti per i blackout causati dallo tsunami. Quello che avevano in qualche modo previsto.
(Fonte : di Massimo Sandal )
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